Sahra WAGENKNECHT, Die Selbstgerechten, Campus Verlag, Frankfurt/New York, 2022, p. 409 (ed.italiana, Contro la sinistra neoliberale, pref. V. Giacchè, trad. Alessandro de Lachenal, Giovanni Giri, Elisa Leonzio, Fazi Editore, 2022).
[with english version at the bottom]
[published also on http://www.insightweb.it/web/ april 2024]
Il libro risale ormai a due anni fa, ma ritengo importante riproporne qui la lettura, in vista delle elezioni europee, alle quali l’autrice si presenta candidata con il suo Bündnis (BSW, Bündnis – Vernunft und Gerechtigkeit), “Alleanza Sahra Wagenknecht” – Ragione e Giustizia), fondato appena all’inizio del 2024, ma che i sondaggi danno già al 6% di media nazionale – con una punta del 23% nel Land Sachsen-Anhalt – sopra Die Linke, ferma al 4,5% e ben oltre la liberal-democratica FDP (3%). BSW ha appena raggiunto 18.000 firme di sottoscrittori a fronte delle 4.000 necessarie per la presentazione della lista.
In Italia è purtroppo ancora impossibile votare BSW, perché, come ha detto giustamente Lucio Caracciolo, le elezioni europee oggi servono solo a misurare i rapporti di forza interni ai partiti e alle coalizioni nazionali. Una sorta di mega sondaggio costosissimo (non per niente esperito con un sistema proporzionale puro). Così il PE fa e disfa maggioranze e legifera senza che le opinioni pubbliche dei singoli stati possano esercitare un effettivo controllo democratico, lasciando di conseguenza campo libero alle lobbies.
Chi è che in Italia conosce i nomi dei commissari europei lettoni o estoni, che pure concorrono a determinare le nostre politiche nazionali?
Né esiste da noi una formazione di sinistra apparentabile al BSW. Facendo un parallelo tra Italia e Germania, il PD occupa lo spazio politico della SPD, l’AVS corrisponde grosso modo ai Grüne e alla Linke tedesche, mentre la sinistra calendiana di “Azione” insiste in buona parte con l’area della Lifestyle Linke che è il bersaglio principale del libro della Wagenknecht. Resta il M5S, la cui collocazione non trova dei confini precisi, funzionando ancora da “vasca di laminazione” delle piene di malcontento. Ed è forse qui, in questo bacino magmatico che potrebbe innestarsi un movimento politico analogo al BSW, capace di dare senso e obiettivi a una forza che voglia coltivare una prospettiva progressista con solide fondamenta culturali.
Nata nella DDR nel 1969, filosofa ed economista, Sahra Wagenknecht ha militato nella Freie Deutsche Jugend, l’organizzazione giovanile della SED. Esponente di spicco della Linke, ne è fuoriuscita per evidenti dissensi sulla linea politica. Il libro, il cui titolo tedesco “Die Selbstgerechten” è stato tradotto nell’edizione italiana con una perifrasi, “Contro la sinistra neoliberale” e che invece personalmente tradurrei “I compiaciuti” (naturalmente di sé), sviluppa un’ampia riflessione sul ruolo che assumono oggi le forze politiche che si definiscono “neoliberali di sinistra”.
Un episodio narrato quasi all’inizio del testo riflette icasticamente il cuore della questione: ad agosto del 2020 la Knorr annunciò che la classica Zigeuner Sauce (“salsa alla zingara”)per evidenti motivi di correttezza politica, si sarebbe chiamata Paprikasauce Hungarische Art (“salsa alla paprika alla maniera ungherese”). Grande vittoria dei progressisti woke. Peccato che nel contempo ai 550 dipendenti dello stabilimento Knorr di Heilbronn venissero imposte condizioni di lavoro ben peggiori delle precedenti (sabato lavorativo, diminuzione del salario iniziale e blocco degli aumenti).
Ecco dunque all’opera quella che nel libro viene definita la “Lifestyle Linke” di cui si diceva poc’anzi, quella sinistra “gentrificata”, che non si spende più per la coesione sociale (Zusammenhalt), per il recupero del senso di una comune appartenenza (Gemeinsinn), per la riaffermazione del ruolo centrale dello Stato nazionale in settori-chiave quali, ad esempio, la sanità e la casa, ma che si è ritirata nei suoi ben muniti fortilizi urbani (la “sinistra ZTL”, si direbbe in Italia) e ha finito per essere in buona sostanza il partito degli Akademiker, come li chiama l’autrice, dei ceti garantiti, concentrata sul fronte delle libertà individuali, del cosmopolitismo, dei diritti civili, delle gender theories, più sulla difesa delle diversities che non sulle questioni fondamentali della giustizia sociale e della lotta alle diseguaglianze.
Un tale atteggiamento ha lasciato campo libero alle destre “incolte”, populiste e nazionaliste, in crescita in tutta Europa (vedi da ultimo il Portogallo) non tanto per le soluzioni concrete che propongono quanto per la capacità che hanno di offrire un principium individuationis alle masse sempre più consistenti di poveri ed emarginati e spesso anche ai ceti piccoli e medi, che temono per il proprio futuro e si sentono minacciati di retrocessione nella scala sociale a causa degli sviluppi incontrollati della globalizzazione.
Wagenknecht rivolge altresì critiche pungenti, ad esempio, ai protagonisti “apocalittici” dei Fridays for Future, che si mostrano affatto insensibili ai temi economico-sociali della transizione, ai Grüne, dogmatici detentori di un astratto “bene” del pianeta, ma soprattutto alla neo-socialdemocrazia alla Schröder che, con la sua “Agenda 2010” e lo Harz IV, ha smantellato lo stato sociale e precarizzato milioni di lavoratori.
Eppure è davanti agli occhi di tutti il fatto che “le magnifiche sorti e progressive” della globalizzazione successiva alla deflagrazione del blocco sovietico si sono rivelate ben altre rispetto all’ ottimistica “fine della storia” e al trionfo planetario della libertà e della giustizia. Dopo poco più di una generazione non possiamo che constatare la scomparsa della politica, fagocitata da un’economia liberista senza più freni, la nascita di enormi e incontrollate potenze sovrastatuali e la crescita stratosferica delle diseguaglianze.
In Italia, ad esempio, dove i salari sono fermi dal 1991, il 5% della popolazione detiene il 46% della ricchezza totale; quarant’anni fa il rapporto tra salario operaio e retribuzione da dirigente era di 1: 45; nel 2020 il rapporto è passato a 1: 649.
Il Gegenentwurf (“controproposta”) di Wagenknecht è quella di una sinistra che riprenda a fare il suo mestiere, che torni in primis a parlare di lavoro e di Welfare e che riconquisti la rappresentanza dei ceti più deboli, degli operai e dei lavoratori dipendenti, come pure del capitale d’impresa, oggi gravemente minacciato da un liberismo sfrenato e dai processi incontrollati di finanziarizzazione economica, nonché dall’estendersi dei monopoli globali (i Big Five, almeno due dei quali, Apple e Microsoft, hanno un bilancio molto superiore a quello dell’Italia).
Si parla spesso della nostra come di una “società aperta”, ma se è vero che sono crollate le mura delle vecchie poleis, è altrettanto vero che sono aumentate a dismisura le pareti interne, con la conseguente perdita del Gemeinsinn di cui parla l’autrice nel sottotitolo del libro. I diversi strati sociali non si “frequentano” più, l’alto incontra il basso solo quando se ne serve per attività sussidiarie e di basso profilo (consegna di pacchi e cibi, assistenza alla persona). È in atto inoltre un fenomeno di feudalizzazione dei rapporti sociali, in cui le famiglie di appartenenza determinano sempre più il futuro dei figli. Né va trascurato il fenomeno esteso a tutta l’area OCDE del cosiddetto lavoro povero: gli occupati aumentano di numero, ma la disponibilità di risorse diminuisce.
Take back control è il titolo di un paragrafo del libro (p. 295), lo slogan vittorioso della Brexit.
Accusata di aver fondato una sorta di AfD di sinistra, l’autrice sottolinea la necessità di reimpossessarsi del controllo democratico delle decisioni europee, oggi lasciate alle élites burocratiche brussellesi e alle lobbies degli shareholder e di conseguenza di difendere le specificità nazionali. Da qui la sua visione di una futura unione politica europea in un quadro non già federale (un unico grande superstato europeo), ma confederale, che, all’interno della futura entità statuale europea salvaguardi la fisionomia storico-politica dei singoli paesi, poiché gli stati nazionali sono gli unici in grado di produrre politiche autenticamente sociali.
Estranea al mainstream, Wagenknecht affronta lucidamente temi scottanti come quello legato all’immigrazione, che rischia di minare la coesione sociale e di fronte ai quali la Lifestyle Linke degli Akademiker tende ad assumere atteggiamenti neo-illuministi e moraleggianti, trascurandone l’impatto che si riverbera soprattutto sui ceti meno favoriti delle singole comunità nazionali europee.
L’alternativa, secondo l’autrice, è la mera sopravvivenza di una sinistra fortemente minoritaria, foglia di fico delle vergogne di un liberismo selvaggio e distruttivo.
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The book dates back to two years ago, but I think it is important to re-read it here, in view of the European elections, in which the author is running as a candidate with her Bündnis (BSW, Bündnis – Vernunft und Gerechtigkeit), founded just at the beginning of 2024, but which the polls already show at 6% on the national average – with a peak of 23% in the Land Sachsen-Anhalt – above Die Linke, stable at 4.5% and well above the liberal-democratic FDP (3%). BSW has just reached 18,000 subscriber signatures compared to the 4,000 needed to present the list.
In Italy, it is unfortunately still impossible to vote for BSW, because, as Lucio Caracciolo rightly said, the European elections today only serve to measure the balance of power within national parties and coalitions. A sort of very expensive mega survey (not by chance carried out with a pure proportional system). Thus, the EP makes and unmakes majorities and legislates without the public opinions of individual states being able to exercise effective democratic control, consequently leaving the field open to lobbies.
Who in Italy knows the names of the Latvian or Estonian European commissioners, who also contribute to determining our national policies?
Nor does there exist a left-wing formation comparable to the BSW in our country. Drawing a parallel between Italy and Germany, the PD occupies the political space of the SPD, the AVS roughly corresponds to the German Grüne and Linke, while the Calendian left of “Action” largely insists on the area of the Lifestyle Linke, which is the main target of Wagenknecht’s book. The M5S, whose position has no precise boundaries, still functions as a “lamination tank” for the floods of discontent. It is perhaps here, in this magmatic basin that a political movement similar to the BSW could arise, capable of giving meaning and objectives to a force that wants to cultivate a progressive perspective with solid cultural foundations.
Born in the GDR in 1969, philosopher and economist, Sahra Wagenknecht played in the Freie Deutsche Jugend, the youth organization of the SED. Already leading member of the Linke, her separation is due to obvious disagreements on the political line. The book, whose German title “Die Selbstgerechten” was translated in the Italian edition with a periphrasis, “Against the neoliberal left” and which I would personally translate as “The Complacents” (naturally about oneself), develops a broad reflection on the role that the political forces that define themselves as “left-wing neoliberals” assume today.
An episode narrated almost at the beginning of the text vividly reflects the heart of the matter: in August 2020, Knorr announced that the classic Zigeuner Sauce (“Gypsy sauce”), for obvious reasons of political correctness, would be called Paprikasauce Hungarische Art (” Hungarian-style paprika sauce”). Big win for woke progressives. It’s a shame that at the same time, the 550 employees of the Knorr factory in Heilbronn were subjected to working conditions that were far worse than the previous ones (Saturday working, reduction in starting salary and block on increases).
So here is at work what in the book is defined as the “Lifestyle Linke” mentioned earlier, that “gentrified” left, which no longer spends itself on social cohesion (Zusammenhalt), on recovering the sense of a common belonging (Gemeinsinn), for the reaffirmation of the central role of the national State in key sectors such as, for example, healthcare and housing, but which has retreated into its well-equipped urban fortresses (the “left ZTL”, one might say in Italy) and ended up being essentially the party of the Akademiker, as the author calls them, of guaranteed classes, concentrated on the front of individual freedoms, cosmopolitanism, civil rights, gender theories, more on the defense of diversity than on the fundamental issues of social justice and the fight against inequalities.
Such an attitude has left the field open to the “uncultivated”, populist and nationalist Right, growing throughout Europe (see most recently Portugal) not so much for the concrete solutions that proposes but for the ability they have to offer a Principium individuationis to the masses increasingly consisting of the poor and marginalized and often also the small and middle classes, who fear for their future and feel threatened with relegation in the social ladder due to the uncontrolled developments of globalization.
Wagenknecht also addresses scathing criticism, for example, to the “apocalyptic” protagonists of “Fridays for Future”, who appear to be completely insensitive to the economic-social issues of the transition, to the Grüne, dogmatic holders of an abstract “Good” of the planet, but above all to the neo -social democracy like Schröder who, with his “Agenda 2010” and Harz IV, dismantled the welfare state and made millions of workers more precarious.
Yet it is before everyone’s eyes that the “magnificent and progressive fortunes” of globalization following the explosion of the Soviet bloc turned out to be very different from the optimistic “End of History” and the planetary triumph of freedom and justice. After just over a generation, we can only note the disappearance of politics, swallowed up by an unbridled liberal economy, the birth of enormous and uncontrolled supra-state powers and the stratospheric growth of inequalities.
In Italy, for example, where wages have been stagnant since 1991, 5% of the population holds 46% of total wealth; forty years ago, the ratio between worker’s salary and manager’s salary was 1:45; in 2020 the ratio increased to 1:649.
Wagenknecht’s Gegenentwurf (“counterproposal”) is that of a left that goes back to doing its job, that goes back first and foremost to talking about work and welfare and that regains the representation of the weakest classes, of workers and employees, as well as business capital, today seriously threatened by unbridled liberalism and uncontrolled processes of economic “financialization”, as well as by the expansion of global monopolies (the Big Five, at least two of which, Apple and Microsoft, have a balance sheet much higher than that of Italy).
We often speak of ours as an “open society”, but if it is true that the walls of the old poleis have collapsed, it is equally true that the internal walls have increased enormously, with the consequent loss of the Gemeinsinn that the author talks about in the subtitle of the book. The different social strata no longer “hang out” with each other; the high meets the low only when they use them for subsidiary and low profile activities (delivery of parcels and food, personal assistance). Furthermore, there is an ongoing phenomenon of feudalization of social relationships, in which the families to which they belong increasingly determine the future of their children. Nor should the phenomenon of the so-called poor work, which extends throughout the OECD area, be overlooked: those employed increase in number, but the availability of resources decreases.
Take back control is the title of a paragraph in the book (p. 295), the victorious slogan of Brexit.
Accused of having founded a sort of left-wing AfD, the author underlines the need to regain democratic control of European decisions, today left to the Brussels bureaucratic elites and shareholder lobbies and consequently to defend national specificities. Hence his vision of a future European political union in a framework that is not federal (a single large European “Super-state”), but confederal, which, within the future European state entity, safeguards the historical-political physiognomy of the individual countries, since the national states are the only ones capable of producing authentically social policies.
Stranger to the mainstream, Wagenknecht lucidly tackles burning issues such as that linked to immigration, which risks undermining social cohesion and in front of which the Akademiker’s Lifestyle Linke tends to adopt neo-enlightenment and moralizing attitudes, neglecting the impact that reverberates especially on the less favored classes of the individual European national communities.
The alternative, according to the author, is the mere survival of a strongly minority left, a fig leaf of the shame of a wild and destructive liberalism.